Adele, nel Teatro Nazionale di Tirana la storia di suo padre e di un paese intero

 “Nel 1990 avevo 5 anni, quando, appena finito lo spettacolo “Notte di Luna”, novella di Ismail Kadarè, vidi salire sul palco mio padre, Edmond Budina, che l’aveva messa in scena. Guardando gli alti esponenti del partito comunista presenti, gridò: “Libertà e democrazia”. Finii abbracciata a lui tra gli applausi e i fiori lanciati dal pubblico. Al Teatro Nazionale di Tirana si è fatta la storia del paese e quella della mia famiglia. Ora che è stato abbattuto cosa accadrà?”

La cultura è l’espressione della libertà di un popolo, legame con le origini da trasferire nel futuro attraverso parole, gesti, immagini, opere condivise. Ci sono luoghi nei quali l’alchimia si respira in ogni angolo: simboli concreti di una memoria viva che si tramanda. Il Teatro Nazionale di Tirana era uno di questi. Costruito nel 1939 durante l’occupazione fascista dall’architetto Giulio Berté, ispirato dalla pittura metafisica di Giorgio De Chirico, ha rappresentato, anche durante la dittatura comunista, uno dei pochi spazi di scambio e di conoscenza libera. Patrimonio di scenografie, costumi, testi che hanno raccontato l’avventura culturale degli intellettuali per rispondere con la bellezza dell’arte, varia e aperta, all’oppressione del regime del pensiero unico. Inserito da Europa Nostra, come esempio eccezionale dell’architettura razionalista, tra i sette siti europei più a rischio da preservare, aveva ottenuto i finanziamenti dei fondi europei per la ristrutturazione. Due sale per una capienza totale di mille posti, un giardino e persino una piscina, lo rendevano il teatro funzionale più importante dell’Albania. Non si riesce ad utilizzare il passato remoto per descriverlo, perchè è ancora inaccettabile l’idea che domenica 17 maggio sia stato raso al suolo, senza salvarne nemmeno un cimelio: tutto nelle macerie. Da 27 mesi provavano a difenderne le sorti, artisti e cittadini, riuniti nel movimento Alleanza per la Salvaguardia del Teatro, in una occupazione permanente che non era cessata nemmeno durante il virus. Chi ama un posto sente quando il rischio di perderlo diventa imminente. Lo sa bene Edmond Budina, regista, attore, attivista, anima culturale dell’Albania, tra i riferimenti principali della protesta che fino all’ultimo è rimasto in platea. La passione per quel palcoscenico che ha significato una finestra per la democrazia, l’ha passata a sua figlia, Adele, produttrice cinematografica, che dall’Italia ha documentato tutto ciò che stava per accadere ed è accaduto contro la cultura della sua seconda patria. Adele ha diviso la sua vita e carriera tra l’Albania, dove ha trascorso i suoi primi sei anni e scelto di fondare la sede della sua società di produzione, e l’Italia, l’amata Bassano del Grappa dove si è trasferita con la famiglia nel 1991 e ha studiato, fino a Roma dove vive da 14 anni. La sua traccia trasmette il senso del legame che unisce i due paesi, rappresentato dalla storia d’amore di una famiglia con l’arte, strumento eccezionale per narrarne meraviglie e contraddizioni. Per lei, come per suo padre e per una buona parte dei cittadini albanesi, l’abbattimento del teatro è un inspiegabile accanimento contro la bellezza che non può passare nel silenzio, oltre ad un dolore privato da cui sarà difficile guarire. ( Le foto sono tratte dal profilo di Doriana Musai).

La traccia: la difesa della cultura di un paese

adele teatro e piscina“Sono cresciuta nel teatro. Non ho frequentato l’asilo: fino a sei anni, quando ci siamo trasferiti in Italia, trascorrevo le mie giornate con papà al Nazionale. Socializzavo con i figli degli altri attori o delle maestranze che lavoravano agli spettacoli. C’era il giardino e la piscina: era un luogo dove si potevano fare scoperte continue. Non avevamo le Barbie o i peluches a Tirana in quel periodo, più spesso ci trovavamo a crearci giochi da soli, ma il teatro era il mondo più affascinante che un bambino potesse sognare. Era il più importante dell’intera Albania, chi ci lavorava aveva raggiunto l’apice della carriera.”

adele teatro interno“Ha resistito alla dittatura comunista, rappresentando uno dei pochi spazi di cultura e libertà. Qui si sono formate le mie scelte future come quelle di altri miei coetanei. Ho voluto che la sede della mia società di produzione fosse a Tirana, proprio per mantenere questo legame, che negli anni non si è mai interrotto. Ogni volta che arrivavo in Albania, era uno dei primi posti nei quali mi ritrovavo con i miei amici, dove sceglievo di passare del tempo. Era un’agorà libera dove potersi confrontare non solo sul teatro: riusciva a stimolare riflessioni e ispirare intellettuali.”

adele edmond teatro“Mio padre è salito su quel palcoscenico nel 1972, ancora oggi, dalla platea ai camerini si respirava tutta la sua vita artistica. Quando ha aderito al Movimento Alleanza per la Salvaguardia del Teatro, ha scelto di difendere la storia di uno dei simboli del nostro paese che racchiudeva allo stesso tempo i passaggi più importanti della sua esistenza. Per questo per me il dolore di vederlo raso suolo è doppio: come artista e come figlia. Un ricordo su tutti è emerso proprio la scorsa notte dopo aver visto quelle immagini terribili e sentito forte la sofferenza di mio padre. Era il 1990, aveva deciso di mettere in scena la novella di Ismail Kadarè “Notte di Luna”. In platea sedevano alti esponenti del partito comunista: si percepiva la tensione nell’aria. Fino a quando, alla fine della rappresentazione, papà salì sul palco e prese la parola. “Il nostro amato scrittore è scappato in Francia!”gridò, alzò il braccio e con la mano in segno di vittoria, aggiunse: “libertà e democrazia!” Il pubblico cominciò ad applaudire e lanciare fiori, mia madre mi spinse ad andare e così mi ritrovai abbracciata a papà e a quel grido libero.”

adele teatro esterni

“Il teatro ha resistito anche allora, confermandosi uno dei luoghi più importanti della cultura albanese. Ha ricoperto diverse funzioni, ospitando anche il Tribunale di Stato. Temo che proprio aver rappresentato uno dei simboli del paese abbia decretato la sua condanna. Se fosse stato abbattuto solo per mere questioni economiche, per lasciar spazio alle costruzioni di potenti immobiliaristi, non ci sarebbe stato bisogno di accanirsi: avrebbero potuto sgomberare prima e salvare il patrimonio costituito dall’archivio, dai costumi e dalle scenografie. Invece si è proceduto a radere al suolo tutto, come per volere eliminare ogni traccia di un possibile dissenso che potesse trovare riscontro nella storia del teatro.”

“La sera del blitz della polizia, domenica, la gente si stava avvicinando, ma un cordone di agenti ha respinto chiunque. Papà era dentro, ma quando hanno fatto irruzione si era appena allontanato. Hanno agito in piena notte. E’ la vigliaccheria di chi preferisce muoversi nel buio. Non è un caso che anche l’insegna del Teatro sia stata smantellata in un’azione messa in atto alla stessa ora, le 4. 10. Erano appena scoccate, anche quando hanno abbattuto il liceo storico della capitale, ristrutturato solo due anni fa, raso al suolo in pieno lockdown perché considerato pericolante.”

“Non c’era mio padre nel teatro, pare fosse oscurato lo spazio telefonico, ma non mancano le testimonianze di coloro che erano dentro e hanno assistito all’irruzione e aggressione di mille agenti delle truppe armate. A mio zio hanno puntato un kalashnikov al petto. Senza distintivo di riconoscimento, si sono fatti strada, sparando spray urticante e minacciando ogni presente. La mattina successiva la gente di Tirana si è accalcata davanti ai resti della propria storia culturale: la protesta è montata anche in altre città nelle quali mio padre insieme agli altri ragazzi del Movimento stanno raccogliendo firme. Si chiede che il Teatro si ricostruisca al più presto nello stesso posto, così come era e si pretende che vengano consegnati alle legge coloro che hanno perpetuato un tale scempio.”

“Il rimpallo di responsabilità rende infatti la situazione ancora meno chiara. Avrebbero dovuto comunque aspettare il verdetto della Corte Costituzionale per procedere: il Consiglio di Stato aveva intimato al sindaco di aspettare. E’ incomprensibile che si considerasse la demolizione un provvedimento così urgente, più delle esigenza di trovare una soluzione per le tante famiglie di cittadini sfollati, in attesa che vengano ristrutturate le loro abitazioni o gliene siano assegnate altre. Abbattere senza nemmeno avere un progetto preciso per capire cosa sarebbe sorto dopo e come si sarebbe potuto ricostruire. Nel 2018 aveva cominciato a girare l’idea di un gruppo di grattacieli e centri commerciali nel quale racchiudere, forse, anche un teatro, ma nulla di definitivo. Lunedì hanno presentato un disegno ipotetico con strutture che non fanno ben sperare per il rispetto di quei luoghi.”

adele teatro la protesta continua“Ciò che intristisce di più è la delusione: avevamo creduto in un premier di sinistra, un artista che potesse portare finalmente un nuovo modo di interpretare il suo ruolo, invece non ha mai voluto il dialogo con una parte della popolazione. Il Governo ha diviso la comunità artistica, inventando menzogne sul movimento che è stato dipinto come strumento dell’opposizione, mettendo in allarme anche gli altri paesi europei che non sono intervenuti temendo che si potesse alterare l’equilibrio interno. In realtà si tratta di cittadini liberi, artisti non politicizzati nel senso che si voleva far passare. Preoccupa che il premier abbia ricordato, in una intervista del 12 maggio, che sin dal 1998 quando era ministro della cultura, aveva deciso di abbattere il teatro.”

“Fa male anche vedere come si stia procedendo alla denigrazione, attraverso la quale si sta cercando di screditare chiunque manifesti dissenso per ciò che è stato fatto. Per fortuna non manca la solidarietà di diversi rappresentanti del partito di maggioranza: c’è chi si è dimesso nella stessa giunta comunale e arrivano anche messaggi da altri paesi, ma tutto chiuso in una sfera non pubblica. Nel silenzio temo sia più facile per chi ha attaccato e raso al suolo il teatro, negare ogni responsabilità. Il Governo ha ribadito che non c’è stata violenza.”

“Non ho mai visto mio padre così addolorato e sofferente, ma non si arrende: continua il suo impegno in giro per le città. Spero di riuscire ad aiutarlo, anche se in me c’è tanta amarezza. L’ultima volta che sono stata nel Teatro era novembre, mi ero ripromessa che se non lo avessi ritrovato non avrei voluto avere più nulla a che fare con l’Albania. Non sarà così, ma mi sento aggredita, come se avessero distrutto anche la mia appartenenza alla città.

Ci ho messo tanto per essere accolta in Italia: quando sono arrivata bambina a Bassano del Grappa, erano gli anni nei quali albanese era considerato sinonimo di delinquente. Ho voluto comunque mantenere un legame forte con le mie origini. Ho imparato a scrivere e leggere in italiano, ma da sola ho appreso anche la lingua albanese. Avrei potuto non creare una sede della mia società a Tirana, ma è stato un modo per continuare ad essere unita alla terra che amo nella quale ho pensato, per un periodo, sarei voluta tornare, nonostante tutte le difficoltà che ancora ci sono. Quando abbiamo girato Broken con papà abbiamo scoperto delle realtà devastanti di povertà e sofferenza, per cui avevo iniziato a ragionare sul progetto di una associazione che si occupasse degli orfani. Ora temo che non sia possibile organizzare idee libere e democratiche, la nostra difesa del teatro era una causa umana e civile non avremmo certo tratto benefici economici eppure siamo stati fermati.”

La traccia volante: “Io sono dell’idea che qualsiasi cosa debba essere detta com’è realmente. E’ per questo che cerco di dire la mia opinione senza avere paura”. Edmond Budina

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