Ci sono luoghi dove lo stop imposto dalla pandemia può provocare rischi irreparabili, causati dall’indigenza e dalla cecità della burocrazia. Ritardare la regolarizzazione dei permessi di soggiorno e di lavoro di migliaia di lavoratori che vivono lungo la via Domiziana, acuirà prevedibili tensioni sociali. Un fronte di organizzazioni che opera nel territorio rivolge un appello prima che siano le mafie ad approfittarsi della situazione.
Non hanno una rete famigliare, sentono distanti le istituzioni territoriali, pagano un affitto ma non hanno la residenza. Lavorano nell’agricoltura, nell’edilizia, d’estate sulle spiagge e nei ristoranti. Sono italiani, africani e di altre nazionalità, accomunati da esistenze al limite con la povertà estrema e dalla mancanza di diritti riconosciuti. E’ una popolazione di circa 25 mila persone residenti a Castel Volturno, un’area vasta 27 chilometri, grande e complessa da amministrare. Uno dei comuni nei quali la quarantena potrebbe far esplodere i problemi già irrisolti da tempo. Un acuirsi delle condizioni di indigenza funzionerebbe da detonatore di conflitti sociali come pure il ritardo della regolarizzazione di permessi di soggiorno e di lavoro.
Chi da sempre a Castel Volturno fa fronte comune per colmare le lacune dello stato, ha deciso, anche questa volta, di unirsi e lanciare un appello. Ne fanno parte: i Missionari Comboniani, la Caritas di Capua e Caserta, il Centro Fernandes, le Parrocchie, il Centro sociale ex Canapificio di Caserta, il Movimento dei Migranti e dei Rifugiati. Chiedono di dare una mano in un momento di emergenza non solo sanitaria ma anche sociale, donando alla Caritas di Capua ( Iban IT 75C089877484000000335908 causale : Covid – 19 Castel Volturno.) Le organizzazioni che operano nel territorio sanno bene che rispondere ai bisogni primari vuol dire combattere contro le mafie e lo sfruttamento.
In molti si stanno augurando che questi mesi di isolamento, di duro confronto con una realtà inattesa, in grado di far emergere fragilità e paure condivise, possano renderci persone più consapevoli di sè e degli altri. Da Castelvolturno arriva un’opportunità per mostrare, sin da ora, come si possa costruire insieme un percorso diverso per un popolo di uomini, donne e bambini che combatte contro destini segnati già da prima dell’esplosione della pandemia.
Ringrazio padre Daniele Moschetti per aver condiviso questo appello, a cui collego le parole di Massimo De Nardo, editore della Rrose Selavy edizioni, uomo illuminato da una visione generosa e ampia della cultura, che purtroppo lunedì sera, improvvisamente, ci ha lasciato.
Il 25 luglio del 2019 ha scritto.
“Ho visto navi di pace prendere su naufraghi e condurli a riva e a riva c’era gente accogliente, con cibo e vestiti e sorrisi. Ho visto bambini andare a scuola e non a lavorare nei campi e nelle discariche. Ho visto uomini chiedere scusa alle donne che hanno offeso. Ho visto politici onesti e non malfattori che si sono dati alla politica. Ho visto anziani che raccontavano le loro storie ai giovani. Ho visto bombe che esplodevano coriandoli. Ho visto muri dipinti e non barriere. Ho visto che esiste un altro mondo possibile, però non era quello vostro. Non è più tempo di morire, ma di tornare a vivere.”
Rispondi